Le maschere usate nella “Commedia dell’Arte” erano tutt’altra cosa rispetto alle maschere indossate nella vita di tutti i giorni durante il Carnevale.
La prima volta che s’ incontra la definizione di Commedia dell’Arte è nel 1750 nella commedia Il Teatro Comico di Carlo Goldoni.
L’ autore veneziano parla di quegli attori che recitano ”le commedie dell’ arte” usando delle maschere e improvvisando le loro parti (per la prima volta nel Teatro Occidentale abbiamo compagnie di attori professionisti, non più dei dilettanti).
Commedia dell’ Arte dunque come “Commedia della professione” o ”dei professionisti”. In effetti in italiano il termine ”arte” aveva due significati: quello di opera dell’ ingegno, ma anche quello di mestiere, lavoro, professione (le corporazioni delle Arti e dei Mestieri).
Qui è possibile vedere la nostra collezione di Maschere della Commedia dell’Arte
La recitazione assunse dunque una nuova struttura e i testi da recitare si limitavano ad un canovaccio, dove veniva data una narrazione indicativa di ciò che sarebbe successo sul palco.
La maschera insieme al costume caratterizzava fortemente lo stile di recitazione, viene spesso ad essere sinonimo stesso di personaggio con caratteristiche ben precise.
Arlecchino, la maschera più nota in assoluto e la più simpatica, è il servo imbroglione, perennemente affamato, sciocco, ingenuo e impiccione.
Ha origine bergamasca.
Il vestito di Arlecchino è costituito da una corta giacchetta e calzoni attillati a toppe colorate e un berretto di feltro bianco, un bastone alla cintura, il “batocio“, barba nera e ispida e mezza maschera nera col naso camuso e un bernoccolo rosso in testa.
Balanzone, conosciuto anche come il Dottore è caratterizzato dalla sua obesità.
Quasi sicuramente questa maschera è frutto della goliardia universitaria bolognese, dove l’università ha antiche tradizioni.
E’ una maschera presuntuosa, superba, amante di sproloqui, lunghe “prediche” con citazioni in latino quasi sempre fuori posto.
Brighella, spesso nei panni di “primo Zanni”, è il servo furbo, in contrapposizione con il “secondo Zanni”, Arlecchino.
Non ha scrupoli e si adatta a qualsiasi lavoro.
Il suo costume è composto da un camice largo ed ampi pantaloni di tela, e la sua giubba si adorna di strisce verdi, rappresentando vagamente una livrea.
A volte porta pure un mantello corto sopra la camicia ed un curioso cappello. E’ un esperto musicista e cantante che si accompagna spesso con una chitarra.
Il Capitano è il militare spaccone e buffonesco, le radici della sua origine affondano nel teatro romano di Plauto.
Fra i Capitani più celebri ci sono Capitan Spaventa, Capitan Fracassa, Capitan Matamoros, Capitan Spezzaferro e Capitan Cardone.
Il suo ruolo nella commedia dell’Arte è quello dell’innamorato esigente di turno: divertenti sono i suoi contrasti con gli “Zanni“, dove si esibisce in lunghe “tirate” delle sue famosissime imprese di guerra a cui nessuno però presta ascolto.
Il costume è composto dalla sua divisa: un abito a strisce variopinte, arricchito da bottoni dorati. Sul capo porta un cappello piumato e porta sempre con se la sua grande spada.
Colombina è la servetta.
Fa spesso coppia con Arlecchino e le sue doti sono la malizia, una certa furbizia e senso pratico. Scaltra e pettegola, simpatica per le sue civetterie tipiche dell’astuzia femminile, conosciuta anche come Arlecchina, Corallina, Ricciolina, Camilla e Lisetta.
Il vestito è semplice, simile a quello di Arlecchino, con numerose toppe colorate. In testa porta una cuffia bianca, dello stesso colore del suo grembiule.
Giangurgolo, maschera calabrese, ha una maschera con un naso enorme, cosa che in parte lo accomuna agli Zanni.
Meneghino, maschera ‘simbolo’ della città di Milano, è un diminutivo del nome Domenico.
Pantalone, è una famosissima maschera veneziana detto anche “il magnifico”.
Anziano mercante, entra spesso in competizione con i giovani nel tentativo di conquistare qualche giovane donna. Proprio per questi suoi modi spesso si intrica in storie complesse da cui esce a fatica, magari proprio attingendo a quella sua saccoccia piena di monete d’oro che sempre l’accompagna.
Il costume è formato da un berretto di lana alla greca, una giubba rossa, calzabrache, o brache corte con una cintura da cui pendono o una spada o un fazzoletto o una borsa. Sulle spalle porta un mantello nero spesso foderato di rosso al suo interno, mentre calza ciabatte nere o babbucce alla turca con le punte rivolte verso l’alto.
Sul volto è caratteristica la maschera che mette in risalto il naso adunco, sopracciglia accentuate ed una curiosa barbetta appuntita che abitualmente egli accarezza con le dita.
Pantalone rappresenta l’anima commerciale ed il fiuto per gli affari che stava prendendo piede nella borghesia veneziana.
Pierrot, o Pedrolino, nasce come zanni modificandosi poi nel famoso personaggio romantico grazie al mimo Jean-Gaspard Debureau che definì il costume che dopo di lui fu tipico: un ampio abito bianco formato da giacca e pantaloni, ornato da bottoni neri, una piccola coppolina nera sul capo e il viso imbiancato.
Con Debureau, Pierrot assunse un carattere molto più forte e dinamico.
Pulcinella, in versione francese Polichinelle e in quella inglese Punch, è la più nota maschera meridionale.
Servo spesso malinconico, mescola le caratteristiche del servo sciocco con una buona dose di saggezza popolare.
Ha una gestualità vivacissima, tipica dei napoletani: il Tiepolo ne immortalò più di uno nei suoi dipinti.
Il suo costume è un camice bianco, stretto da una cintura.
In testa calza un cappello allungato mentre sul viso indossa una maschera nera che ne fa risaltare il naso adunco e le rughe.
Scaramuccia (Scaramouche) è una maschera italiana, ma che riscosse un grande successo in Francia, ed entra nel novero dei Capitani.
Stenterello, maschera fiorentina che ebbe molta fortuna in Toscana tra la fine del ‘700 e tutto il secolo successivo.
Magro, sparuto, gracilissimo, che pare cresciuto a stento; piccolo di statura, di carnagione giallastra, la fronte spaziosa e le ciglia arcuate.
Dal naso prominente, chiacchierone, pauroso ed impulsivo; ma anche saggio, ingegnoso e pronto a schierarsi dalla parte del più debole, anche se la tremarella gli metteva spesso i bastoni tra le ruote: ed è in questo contrasto il fulcro della comicità.
Tartaglia, mezzo cieco e balbuziente, entra tra il numero dei “vecchi” spesso nel ruolo del notaio.
Truffaldino, secondo zanni settecentesco, il servo povero e tormentato dalla fame e dall’ingordigia, che lotta per sopravvivere e il cui scopo è servire per due per mangiare per quattro.
Questa figura è a metà tra l’esagerazione del servo tradizionale e il fascino del galantuomo che evita di cadere nel grottesco.
Zanni, è un personaggio fra i più antichi della Commedia dell’Arte, ma ben presto lasciò strada a servitori che divennero più importanti con nomi propri che li distinguessero tra loro nel corso della storia della commedia dell’arte.
Nel Seicento il suo ruolo si sdoppiò nel ‘primo Zanni’, furbo e maneggione, e il ‘secondo Zanni’, spesso più sciocco e pasticcione, caratterizzato dai lazzi e dalle acrobazie.
Il nome di Zanni, come Zuan, è una versione veneta del nome Gianni, un nome molto diffuso nel contado veneto-lombardo da dove venivano la maggior parte dei servitori dei nobili e dei ricchi mercanti veneziani.
Il costume è a falde larghe colore beige, tendente al giallo o al grigio, l’abito normalmente indossato dai contadini durante il lavoro nei campi, un cappello particolare largo intorno alla testa con una visiera lunga.
La sua maschera è rappresentata di cuoio bianco o quantomeno più chiara rispetto alle maschere nere come quelle di Pantalone o dello stesso Arlecchino.